Selvaggia Lucarelli prende in giro Federica Panicucci

27 Mar 2019 Fabiano Minacci • Tempo di lettura: 5 minuti

Selvaggia Lucarelli oggi è tornata a parlare di Federica Panicucci dopo aver criticato in passato il suo modo di chiedere scusa al collega Francesco Vecchi. Questa volta a finire sotto le grinfie della blogger sono finite le luci di Mattino Cinque, che sarebbero così forti da mimetizzare la conduttrice con lo sfondo. Ecco il tweet incriminato: Federica Panicucci Selvaggia Lucarelli

Selvaggia Lucarelli e l'attacco a Federica Panicucci in merito al celebre fuori onda di Mattino Cinque trasmesso da Striscia la Notizia

“Federica Panicucci e l’arte di (non) chiedere scusa. L’antefatto lo conoscete. Striscia la notizia, che in passato aveva già purgato Flavio Insinna sul tema aggressività repressa a telecamere accese che scoppia a telecamere spente, ieri sera ha mandato in onda un fuori onda della Panicucci. Il suo collega di “Mattino 5” Francesco Vecchi era in onda con Alessandro Meluzzi e stava sforando di un minuto anzichè passarle palla in orario e lei, anzichè insultare Meluzzi per le cose che andava dicendo, si è messa a insultare il povero Vecchi dicendo “Testa di..” “figlio di..”, e infine, la frasetta della serie “io alzo il telefono e chiedo la tua testa” ovvero: “Quando a settembre sarai a casa tua poi ti dispiacerà un po’ di più, testa di cazzo”. (che poi è la parte più sgradevole della vicenda) Questa mattina, dopo un’orda di critiche sui social, la Panicucci, in apertura di programma, con accanto il collega bastonato, ha fatto le sue scuse pubblicamente. Le scuse della Barbie cresciuta sono una ghiotta occasione per spiegare al mondo come NON si fanno delle buone scuse. E questo perchè le scuse della Panicucci erano delle pessime scuse. Anzi, dirò di più: erano una cripto-assoluzione, che poi è un esercizio molto praticato dall’umanità, ex-fidanzati in testa. Andiamo a vedere il perchè analizzando le sue parole e il linguaggio non verbale. Intanto Federica apre il discorso col suo solito sorriso a 34651 denti, come a dire “ho combinato una marachella ahi ahi ahi”. Se scuse sono, se pensi di essere in torto, il sorriso ingoialo come il tuo collega s’è ingoiato i testa di cazzo e aspetta che il sorriso nasca da una sua eventuale apertura, al limite. “Perdonamiiiiiiiii Vecchi, perdonamiiii ieri sera è andato in onda un fuori onda in cui ti ho detto qualunque cosa, non ti ho risparmiato nulla, ero molto arrabbiata, TU l’hai capito sì che ero arrabbiata?”. E con la domanda sposta subito l’attenzione su di lui, pretendendo comprensione, cosa a cui Vecchi non può che rispondere “Sì” (gli ha detto testa di cazzo, l’ha capito sì). Il “sì” del collega è la sua prima bandierina sull’assoluzione. “Ero nel mio camerino, sono cose professionali, di lavoro, ero così arrabbiata….”. Qui il collega le dice “HO SENTITO”, come a dirle “sì, arriva al punto”, ma Federica non lo fa parlare, a dimostrazione che il gioco delle scuse lo conduce lei. Specifica che “erano cose di lavoro”, ma se tu dici a qualcuno che a settembre starà a casa, non è poi neanche troppo una faccenda di lavoro. Direi che è piuttosto personale. Poi si gira, guarda la camera parlando e contemporaneamente sorridendo come sanno fare solo lei, Berlusconi, la Hunziker e Laura Pausini e fa: “Chiedo scusa anche a casa!”. E qui viene fuori la sua preoccupazione. La gente a casa. Chiedere scusa al SUO pubblico e rifarsi l’immagine della brava ragazza. Come se poi avesse dato delle teste di cazzo anche a noi, per osmosi. “Ma devo dire che sono umana, mi arrabbio, dico parolacce, le dico in privato menomale! E’ successo, succederà un po’ a tutti di arrabbiarsi con un collega!”. Eccola lì, senza che quel poveraccio che a settembre dovrà consegnare pizze a domicilio abbia ancora proferito parola, già inizia a spersonalizzare la vicenda, a dire “lo fanno tutti”. E’ tipo il figlio che prende 3 in Latino e dice “Sono andati male pure gli altri!”. La strada verso l’auto-assoluzione di Barbie è definitivamente imboccata. Ma l’acme arriva subito dopo. “L’importante è chiarirsi, quando uno sbaglia deve ammetterlo, ACCETTA LE MIE SCUSE!”. ACCETTA. Imperativo del verbo accettare. Non “vuoi accettare?”, no, accetta (!). Lui, il poveretto, finalmente interpellato dopo 2 minuti di monologo smagliante, prova a dire: “Le accetto può capitare, ma nella tv in diretta può capitare di sforar…” e viene interrotto subito. Viene interrotto non appena prova a dire le SUE ragioni, che ovviamente lei non accetta. E infatti, non lo lascia finire, si accavalla e con fare fintamente supplicante gli dice (ordina, in modo subliminale): “Però prometti che non sforerai più neanche un minuto!” Prometti!”. Di nuovo un imperativo, “prometti! Neanche un minuto!”. Lui deve promettere di non azzardarsi più di sforare neanche 60 secondi. Come a dire: sì, ok, io ho sbagliato, ma tu mi hai provocato. Avevi la minigonna. A quel punto il povero Vecchi a cui rodeva visibilmente il culo a livelli astrali, chiude con un diplomatico: “ “Sappiamo che questo programma va benissimo, io e te ci teniamo moltissimo, ci siamo chiariti, avremo modo di chiarirci ulteriormente….”. E lei: CASO CHIUSO? Non “grazie” perchè ti sei fatto dare della testa di cazzo e hai incassato la minaccia di dar da mangiare ai piccioni al parco da settembre senza rilasciare mezza dichiarazione spiacevole su di me, no CASO CHIUSO. E insomma. Queste non sono scuse. Sono il classico metodo dei passivi-aggressivi per ribadire le loro ragioni simulando un atteggiamento remissivo. E se scuse erano, cara Panicucci, dammi retta: facevano schifo. Caso chiuso.”
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