“Non l’ho fatto per i soldi”: la confessione che sconvolge l’Italia | Cosa ha detto davvero l’uomo travestito da madre morta
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Un gesto che sembrava una truffa qualunque, ma dietro c’è qualcosa di molto più oscuro di quanto chiunque immaginasse
Ci sono storie che, più di altre, riescono a spiazzare perché mettono insieme aspetti che raramente convivono: il crimine e la fragilità, l’inganno e il dolore, la legge e la solitudine. È quello che sta accadendo nel Mantovano, dove un uomo di 56 anni è finito al centro di un caso che ha fatto il giro del Paese per la sua assurdità apparente: travestirsi da madre morta per rinnovarne la carta d’identità e continuare a riscuoterne la pensione.
Un’immagine che sembrava raccontare “solo” una truffa, ma che con il passare delle ore si è rivelata il volto estremo di una sofferenza molto più profonda.
Per giorni si è parlato del “signor Doubtfire italiano”, riducendo tutto alla maschera, alla parrucca e ai vestiti da anziana indossati per ingannare l’anagrafe. Ma ora, tramite il suo avvocato Francesco Ferrari, è l’uomo stesso a rompere il silenzio, rivelando ciò che lo ha davvero spinto a compiere un gesto che ha lasciato l’intero Paese incredulo.
Una confessione che toglie di mezzo l’idea del raggiro economico e porta la vicenda su un terreno molto più doloroso.
Il racconto del figlio: “Non potevo lasciarla andare”
Le parole affidate dall’uomo al suo legale sono un concentrato di rammarico, vergogna e disperazione. «L’amavo e non riuscivo a separarmi da lei», dice parlando della madre, Graziella Dall’Oglio, morta tre anni fa a 82 anni. È una frase riportata dal Corriere della Sera e che cambia completamente la prospettiva sulla vicenda: non più una truffa organizzata per puro tornaconto, ma l’incapacità di accettare l’addio della persona con cui aveva condiviso tutta la vita.
Secondo quanto ricostruito, l’uomo — ex infermiere — avrebbe conservato in casa il corpo mummificato dell’anziana, vivendo per anni in una dimensione sospesa, dove il lutto non veniva elaborato ma cancellato, nascosto, travestito. Un universo di solitudine che è rimasto invisibile sino al giorno in cui la finzione è crollata.
A far scattare i sospetti è stata un’impiegata comunale, quando il 56enne si è presentato allo sportello per rinnovare la carta d’identità della madre. La voce non del tutto convincente, il collo troppo robusto, le rughe “strane”: dettagli che hanno portato la polizia locale ad aprire un’indagine interna. Nel giro di poche ore, dietro la parrucca è emersa una storia che nessuno immaginava.

Le accuse, l’indagine e la richiesta di perdono
Oggi sulla vicenda indaga la Procura di Mantova. Le accuse contestate sono pesanti: occultamento di cadavere, truffa ai danni dello Stato, falso in atto pubblico e sostituzione di persona. È stata disposta un’autopsia per chiarire definitivamente le cause della morte della donna, anche se l’uomo ribadisce che si è trattato di una fine naturale e che non esiste alcun mistero su quel giorno di tre anni fa. Non ha nominato un consulente di parte, sostenendo di non avere nulla da nascondere.
Nelle sue dichiarazioni arriva anche una promessa: «Sono pronto a restituire tutto», dice tramite l’avvocato, spiegando che non era il denaro a motivare il suo comportamento. Racconta di essere rimasto completamente solo e che nessuno, nel suo ambiente, sapeva cosa stesse accadendo dentro quella casa. E ora, mentre l’indagine va avanti, chiede soltanto la possibilità di affrontare il processo “in silenzio”, affidandosi alla propria fede e sperando, come dice il legale, in “umana comprensione”.
Una storia che lascia l’Italia sospesa tra due emozioni opposte: lo sdegno per l’inganno e la pena per un uomo che, incapace di dire addio, ha trasformato il lutto in un teatro tragico dove lui stesso è rimasto prigioniero. E ora, con la giustizia che fa il suo corso, resta una domanda che non è giudiziaria ma profondamente umana: cosa può portare qualcuno così lontano da se stesso pur di non restare solo?
