Ufficiale Garlasco: “Quel DNA sotto le unghie è di…”, svolta inquietante nel caso | La perizia appena depositata fa chiarezza
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Una conclusione tecnica che cambia lo scenario e che ora fa tremare più di una certezza: il 18 dicembre sarà decisivo
Diciotto anni dopo quel 13 agosto 2007 che ha segnato per sempre la storia giudiziaria italiana, il caso Garlasco torna ancora una volta a un punto di rottura. Tra foto inedite, vecchi interrogativi che riemergono e nuove analisi che sembrano rimettere in discussione ciò che si credeva acquisito, l’inchiesta vive giorni di tensione crescente. Ma è nelle ultime ore che si è materializzato un passaggio particolarmente delicato: il deposito ufficiale della perizia sul DNA trovato sotto le unghie di Chiara Poggi. Un dettaglio minuscolo, un frammento sfuggito alle prime indagini, ma che oggi diventa nuovamente centrale.
Mentre l’opinione pubblica si concentra sulle fotografie mai viste prima — immagini scattate fuori dalla villetta di via Pascoli nelle ore successive al delitto, dove compaiono Andrea Sempio con il padre, le cugine Cappa e parte della famiglia Poggi — dietro le quinte gli atti scorrono rapidi. La Procura di Pavia, che ha riaperto il fascicolo proprio sulla scorta di nuove valutazioni genetiche, aspettava questo momento: la relazione della biologa forense Denise Albani, nominata dal tribunale, è ora nelle mani degli inquirenti. E sarà al centro dell’udienza del 18 dicembre, quando accusa e difesa si confronteranno punto per punto.
La compatibilità che riaccende il caso: cosa dice davvero la perizia
La perizia affronta uno dei nodi più controversi della vicenda: quel profilo maschile parziale, deteriorato, rilevato sotto le unghie della giovane vittima. Un reperto che negli anni aveva generato discussioni tecniche e che ora, grazie a metodiche non disponibili nel 2014, è stato analizzato con una sensibilità maggiore. Secondo quanto emerge, l’esame conferma la compatibilità con la linea paterna della famiglia Sempio. Una circostanza che ricalca le conclusioni già espresse dal consulente della Procura, Carlo Previderè, e dal genetista che allora collaborò con la difesa di Alberto Stasi.
Nella sua relazione, però, la perita Albani ha precisato un punto chiave: nessuna analisi di questo tipo può identificare un individuo. È possibile soltanto delineare un’appartenenza familiare compatibile. Una sfumatura tecnica, ma che diventa fondamentale in un caso segnato da anni di polemiche, errori e sospetti incrociati. Ed è proprio su questa zona grigia che la difesa di Andrea Sempio — oggi indagato per “concorso in omicidio” — punta. I consulenti Armando Palmegiani e Marina Baldi contestano la solidità del reperto, definendolo “troppo degradato” e potenzialmente spiegabile con forme indirette di trasferimento biologico.

Un’udienza che potrebbe cambiare tutto
La Procura, dal canto suo, vede nella perizia un tassello che si incastra con la nuova direzione dell’indagine. L’esame ha coinvolto amici e familiari della vittima proprio per escludere contaminazioni accidentali, un elemento metodologico che — per i magistrati — rafforza il quadro. Ora resta da capire come e perché un DNA compatibile con la linea paterna di Sempio sarebbe finito sotto le unghie di Chiara. Una domanda che, se dovesse trovare un riscontro logico e investigativo, potrebbe ribaltare anni di certezze.
L’udienza del 18 dicembre sarà il punto di partenza di una nuova fase: se il giudice riterrà necessario approfondire, la perizia potrebbe diventare l’asse portante di un riassetto completo dell’indagine. Se invece le criticità sollevate dalla difesa dovessero prevalere, il quadro potrebbe nuovamente cambiare.
In un caso che sembrava chiuso da tempo, ogni nuovo elemento pesa come un macigno. E quel DNA — minuscolo, deteriorato, parziale — potrebbe essere la chiave di un mistero che, diciotto anni dopo, continua a non concedere pace.
